"Non preoccuparti del futuro ma cerca di essere fermo e chiaro nello spirito, perchè la tua felicità non dipende dal tuo destino, ma da come riesci ad affrontarlo"
Hegel
"mai cedere, ingannare, rubare o bere. Ma se devi cedere, cedi fra le braccia della persona che ami, se devi rubare, ruba il tempo che vuoi per te, se devi ingannare, inganna la morte, e se devi bere, inebriati dei momenti che ti tolgono il respiro"
Will Smith, Hitch
"Solo perchè non qualcuno non riuscirà a fare qualcosa, allora ti diranno che non puoi averla neanche tu. Non permettere a nessuno di dirti cosa puoi o non puoi fare. Se vuoi qualcosa... vai e prenditela"
Will Smith, La ricerca della felicità

giovedì 23 febbraio 2012

AMORE E MALEDIZIONI - 2° capitolo

Signore e signori, sono felice ed orgogliosa di presentarvi il secondo capitolo della mia amatissima fan fiction. In questo capitolo le cose andranno delineandosi sempre di più, si vedranno le reazioni di amici e professori alla notizia che loro stanno ancora insieme e, soprattutto, farà la sua comparsa una nemica che porterà parecchi guai in futuro. Spero che qualcuno lascerà un commentino! A presto!


2° CAPITOLO: “DIPLOMA”
POV RAF
Mi svegliai sentendo un calore scivolare sul mio viso. Aprii lentamente gli occhi mugolando qualcosa di incomprensibile, osservando i raggi del sole nascente rischiarare il cielo di rosa. Era stata proprio la luce a svegliarmi.
 Due braccia forti mi avvolgevano e la mia testa era posata sul petto di qualcuno. Non mi ricordavo esattamente cosa fosse successo il giorno prima, la mia mente ancora offuscata dal sonno non ne voleva sapere di riprendersi. Poi inspirai; il suo profumo mi arrivò forte e mi riportò all’improvviso alla mente cosa era successo la sera prima.
Io e Sulfus non eravamo rientrati, avevamo dormito li sulla sabbia, più morbida di un letto di piume, abbracciati l’una all’altro. Volevamo trascorrere la nostra ultima sera insieme.
Provai ad alzarmi per sgranchirmi le gambe, ma lui non me lo permise. Appena provai a muovermi, lui strinse inconsciamente la presa su di me. Quel gesto mi fece enormemente piacere; significava che, anche nel sonno, lui mi cercava, voleva la mia presenza.
Allora incrociai le braccia sul suo petto, vi appoggiai sopra il mento e lo fissai; i suoi pallidi occhi chiusi, i capelli pieni di sabbia (sorrisi fra me e me, ci sarebbe voluta un’eternità per toglierci tutta la sabbia dai capelli), il suo viso rilassato nell’incoscienza, le sue labbra carnose leggermente dischiuse. Mi soffermai su di esse, sentendo il desiderio dilagare in me. La tentazione era forte, molto forte e alla fine cedetti: avvicinai lentamente le mie labbra alle sue e lo baciai delicatamente. Lui gemette nel sonno, come se mi avesse riconosciuto, e strinse la presa su di me ancora di più. Poi mi staccai e, con mio sommo imbarazzo, mi accorsi che Sulfus aveva gli occhi aperti.
Arrossii fino alla radice dei capelli. «Sulfus!» esclamai, cercando di mascherare il mio imbarazzo, «eri sveglio! Non si fanno queste cose, non è per niente carino», sbottai, distogliendo lo sguardo dal suo viso, perfidamente divertito.
Era il colmo. Cercai di alzarmi, scocciata, ma lui non me lo permise e, con un rapido movimento invertì le nostre posizioni, ma senza mollare la presa su di me.
«e perché?», mi chiese, «ricordati che io sono un devil, faccio quello che voglio. E poi avresti dovuto vedere la tua faccia… impagabile!», sghignazzò.
Sbuffai irritata e cercai di cavarmelo di dosso, senza successo. Era molto più forte di me. Poi però mi si avvicinò, gli occhi infuocati. Il mio infantile attacco di irritazione sparì all’istante, mentre andavo in iperventilazione.
«e poi scusa perché hai smesso? Era molto piacevole», mi disse, guardandomi avidamente.
Ridacchiai. «molto piacevole eh?», dissi con voce seducente, gliela volevo un po’ far pagare per lo scherzetto di prima. «uhm e se io non volessi accontentarti?», gli domandai con un sorriso malizioso e un movimento del capo che speravo fosse accattivante.
Alla mia affermazione gelò. Evidentemente si era pentito di avermi fatto quello scherzetto; non volevo fargli vedere che in realtà anche io stavo morendo dalla voglia di baciarlo, gli avrei dato troppa soddisfazione.
Impaurito dalla mia reazione avvicinò ancora di più il suo viso al mio, tanto che ormai pochi millimetri separavano le sue labbra dalle mie. Ormai la voglia di baciarlo si era fatta irrefrenabile, ma dovevo trattenermi, avevo quasi raggiunto il mio scopo.
«e cosa potrei fare per farti cambiare idea?», mi chiese lui con voce supplichevole. Adoravo quando si comportava così, era un piacere vederlo prostrato ai miei per ottenere qualcosa. Ma decisi che il mio gioco era durato abbastanza. Dopotutto nemmeno io riuscivo più a trattenermi.
«così» dissi decisa. Lo presi per il bavero e lo attirai a me, baciandolo con forza. Lui non si fece certo pregare e rispose al mio bacio con tutto il desiderio che aveva in corpo. Ci rotolammo avvinghiati nella sabbia, protraendo il bacio per un tempo infinito.
Quando ci staccammo avevamo entrambi le guance rosse e le labbra gonfie. Lui ridacchiò e mi guardò teneramente ma con una punta di sarcasmo.
«immagino di essermelo meritato. Sai ho avuto davvero paura che non volessi più baciarmi», mi disse con un tono di rimprovero.
«te lo sei meritato, non si fanno quelle cose, non è ne carino ne corretto», gli dissi ridendo, accarezzandogli teneramente una guancia.
Lui mi fissò dolcemente negli occhi. Rimanemmo per un po’ in quella posizione, abbracciati, a guardarci negli occhi.
Poi mi ricordai un piccolo particolare, anche se non era proprio piccolo. Mentre me ne rendevo conto andai nel panico.
«Sulfus!», gridai in preda all’agitazione, «siamo rimasti fuori tutta la notte, se ci scoprono sono guai! Dobbiamo tornare subito a scuola se non vogliamo farci beccare».
Al mio discorso lui sgranò gli occhi, rendendosi conto della situazione. Ma fu solo un attimo, poi la sua espressione fu di nuovo determinata come prima. «andiamo subito allora. È appena l’alba, se ci sbrighiamo riusciremo a ritornare in tempo per la sveglia mattutina».
«quel che mi preoccupa è se gli altri si sono accorti della nostra assenza e lo hanno detto ai professori». Non potei non esprimere quel timore; i nostri amici non avevano mai fatto mistero della loro disapprovazione per la nostra storia e se sia angel che devil avevano detto ai professori che non c’eravamo, avrebbero fatto in fretta a fare due più due, intuendo che eravamo insieme.
«credi che ci detestino così tanto da tradirci?», mi chiese con una punta di dolore nella voce.
«non lo so… lo sai non hanno mai fatto mistero della loro disapprovazione», gli dissi con sincerità.
«spero proprio che ti sbagli», mi disse rialzandosi e tendendomi la mano per aiutarmi, che io accettai di buon grado.
Una volta in piedi lo fissai. Il suo sguardo era di nuovo dolce. Mi tese la mano e io intrecciai le sue dita alle mie. «andiamo su. Dobbiamo tornare».
Io annuii, persa nei suoi occhi d’ambra, e, mano nella mano, ci avviammo volando verso la scuola.  

SULFUS POV
Ero preoccupato, come lo era Raf del resto. Stavamo viaggiando alla massima velocità consentita dalle nostre ali per tornare a scuola in tempo per la sveglia, dopotutto era il giorno del diploma, ma le parole di Raf continuavano a vorticarmi nel cervello… davvero i nostri amici ci avrebbero tradito e avrebbero detto ai professori che non c’eravamo? Speravo proprio di no perché altrimenti non ci avrebbero pensato due volte a dividerci una volta per tutte, cosa molto facilitata dal fatto che dovevamo tornare ognuno nella sua città.
Guardai Raf: non avrei sopportato di essere separato da lei, non dopo quello che ci eravamo detti la sera scorsa alla nostra spiaggia. Il ricordo mi rapì con ferocia, mentre ricordavo gli abbracci e i baci infuocati che ci eravamo scambiati, presi dal desiderio troppo a lungo represso. Ricordai le sue  labbra sulle mie, il suo profumo di fiori che, anziché disgustarmi, mi inebriava la mente, i suoi lunghi capelli biondi che lambivano le mie braccia strette alla sua vita insieme alla sensazione della pelle dei suoi fianchi sotto i miei palmi. Era impossibile dimenticare cosa avevo provato in quei momenti, a come mi ero emozionato risvegliandomi con il suo corpo tra le mie braccia.
«Sulfus tutto bene?». La voce di Raf mi riportò con i piedi, be con le ali, per terra.
Io scossi la testa e sorrisi imbarazzato, quando mi resi conto che ero rimasto a fissarla imbambolato come un deficiente. «si Raf. Stavo solo guardando quanto eri bella», le dissi sorridendole dolcemente. Diamine mi ero proprio rammollito! Chissà che avrebbero detto gli altri sentendomi parlare così. Ma sinceramente non mi importava, non se significava avere Raf con me per sempre.
Lei arrossì e abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzata ma strinse molto di più la sua mano alla mia. Io ricambiai la stretta.
Non parlammo più finchè non arrivammo alla scuola. Atterrammo con cautela nel giardino, attenti a non farci vedere da nessuno; se i professori sapevano della nostra assenza era meglio non farci vedere mentre rientravamo a scuola. Se ci avessero sorpreso insieme altro che lampi sarebbero venuti fuori.
Cercammo di ripararci dietro i cespugli ma erano troppi piccoli per ripararci, così presi Raf fra le braccia. Non che mi dispiacesse.
«di la verità l’hai fatto apposta», disse lei ridacchiando.
Sogghignai a mia volta. «ovvio no? altrimenti» dissi accattivante, avvicinando il mio viso al suo, «quale altra scusa trovavo per baciarti?».
Senza darle la possibilità di replica, le baciai con forza le labbra, che si erano dischiuse per la sorpresa e la mia arroganza. Lei rispose al mio bacio con una passione  che non credevo esistesse in una angel. Preso dal desiderio la strinsi ancora più forte a me, appoggiando la sua schiena contro l’albero e facendo aderire ancora di più i nostri corpi. In quel momento non ero più io; ero un essere dominato dal fuoco e dal desiderio, che bruciavano alimentati da lei, da Raf, dalle sue labbra sulle mie, dai suoi capelli profumati, dalle sue mani fra i miei capelli. E Raf non faceva niente per tirarsi indietro, era stregata quanto me.
Forse avremmo fatto molto di più, fregandocene del fatto che qualcuno poteva vederci e anche del luogo inadatto, se all’improvviso due persone non si fossero intromesse con insistenza in quello che era uno dei momenti più belli della mia vita.
«ehm ehm», si schiarirono all’unisono due voci dietro di noi.
Noi sobbalzammo e interrompemmo il bacio bruscamente, ma rimanemmo abbracciati mentre ci voltavamo verso la fonte del rumore.
Uriè e Kabalè ci guardavano con espressione indecifrabile mentre noi, consapevoli di essere stati scoperti, precipitavamo nell’angoscia che questo avrebbe comportato: la nostra separazione.
«sentite ragazze non è come sembra…» cercai di dire io a nostra discolpa, anche se sapevo che dopo quello che avevano visto sarebbe stato difficile giustificarci con poche parole.
«e come dovrebbe essere Sulfus?» mi bloccò Kabalè, visibilmente adirata.
«abbiamo visto tutto, non cercate di prenderci per fesse» rincarò la dose Uriè che, benchè fosse una angel, sembrava arrabbiata tanto quanto la devil.
«ma ragazze, lasciateci spiegare…» cercò di intervenire Raf ma senza successo.
«e cosa ci dovreste spiegare? La coronazione di una grande storia d’amore?», dissero le due in coro cambiando improvvisamente espressione e cominciando a ridere.
Io e Raf ci guardammo allibiti; evidentemente non si sentivano tanto bene.
«ahah» ululò Kabalè, «avreste dovuto vedere le vostre facce».
Io e Raf eravamo sempre più confusi, ci scambiavamo lunghi sguardi interrogativi.
«oh andiamo davvero avete pensato che avremmo potuto tradirvi?» domandò Uriè ritornando improvvisamente seria. «quando siamo tornate e non ti abbiamo vista nel letto, abbiamo temuto che ti fosse successo qualcosa, così stavamo andando dal professor Arkhan per informarlo quando abbiamo incontrato Kabalè, Cabiria e Gas. Stavano andando dalla Temptel per lo stesso motivo, dirgli che tu», disse, indicando me, «eri sparito».
A quel punto si fermò e continuò Kabalè. «ci abbiamo messo poco a fare due più due e a capire che eravate insieme. Prima di andare abbiamo parlato tutti e sei insieme e abbiamo deciso di non dire nulla ai professori».
Ci lasciò sbalorditi; perché non avevano detto niente se in passato avevano fatto di tutto per separarci?
Sembrarono leggerci nel pensiero. «abbiamo capito che eravamo noi che stavamo sbagliando», ci disse Uriè con espressione piena di rimorso, «voi siete innamorati e anche se è una cosa strana non meritavate di venire trattati come vi abbiamo trattato noi. Vi avevamo già deluso abbastanza, non meritavate che vi facessimo anche questa», concluse abbassando gli occhi. Anche Kabalè sembrava d’accordo.
Raf si staccò e corse ad abbracciare Uriè. «tu non mi hai mai delusa, amica mia», le disse sorridendo.
Mi avvicinai a Kabalè e le circondai le spalle con un braccio. «ammetto che mi avete fatto passare l’inferno ma vi perdono questa volta». Kabalè sorrise.
Ci staccammo e io e Raf le guardammo. «ma come avete fatto a coprirci mentre eravamo fuori? Sicuramente il prof avrà notato la nostra assenza», disse Raf.
«gran parte del merito va a Kabalè, anche se abbiamo collaborato tutti», ci disse Uriè, mentre Kabalè gongolava visibilmente soddisfatta di se stessa.
«sapevamo che i professori avrebbero controllato le stanze perciò abbiamo messo in atto un piano di depistaggio», continuò Uriè, «mentre io, Kabalè e Gas eravamo nella stanza di Cabiria, Dolce grazie al suo potere ha creato una fantastica aurora boreale nel cielo sopra il giardino. Poi Miki e Cabiria sono corse rispettivamente da Arkhan e dalla Temptel per potarli fuori con la scusa che era successo “qualcosa di incredibile fuori”», sghignazzò Uriè.
«si ma come avete fatto a depistarli? In fondo non possono essere restati tutta la notte fissi a guardare una aurora boreale», dissi io dubbioso.
«infatti adesso arriva il bello», intervenne Kabalè, «intanto nella nostra stanza sono riuscita a combinare i miei poteri. Ho fatto fatica ma sono riuscita a unire il double fly con il metamorphosy fly. Prima ho creato due doppioni di me stessa e poi con il mio potere una l’ho modificata perché somigliasse a te Sulfus, l’altra l’ho modificata perché assomigliasse a Raf. Mi ci è voluto un po’ di tempo ed è stato stancante ma alla fine ne è valsa la pena», sogghignò.
«per questo Dolce ha creato l’aurora boreale», asserì Raf, «per permetterti di avere abbastanza tempo per usare i tuoi poteri».
«esattamente Raf», confermò Uriè, «così mentre i due erano impegnati a guardare un bel giochetto di luci, io e Gas abbiamo portato le vostre copie nelle rispettive stanze, giusto in tempo per l’ispezione della sera», concluse soddisfatta.
«wow Kabalè sei stata grande hai ideato un piano geniale», esclamai io facendole i complimenti.
Ma mi stupì. «si forse io ho usato i poteri per metterlo in atto, ma il piano è stato completamente ideato da Uriè», mi disse voltandosi per sorridere alla angel.
«cosa? Caspita! Allora non siete tutte ali e zucchero come credevo», ghignai non resistendo alla tentazione di prenderla un po’ in giro.
«Sulfus!», mi rimproverò Raf.
«tranquilla Raf stavo scherzando!», ribattei scoppiando a ridere, seguito a breve ruota dagli altri.
«ok però ora dovete tornare», aggiunse preoccupata Kabalè, «non so quanto reggeranno i vostri sosia e comunque tra poco ci sarà la festa del diploma, dobbiamo prepararci».
«d’accordo», dicemmo io e Raf all’unisono con un sospiro. Non mi andava di stare lontano da lei, non ora che presto ci avrebbero divisi per chissà quanto tempo prima che riuscissimo a rivederci.
Perciò, incurante della presenza delle due ragazze, strinsi forte a me Raf e la baciai con passione. Forse non avrei potuto rifarlo prima che ci separassero e volevo approfittare di quegli ultimi momenti.
Raf, dopo un attimo di sorpresa, rispose al bacio con tutta la forza che aveva, avvinghiandosi a me. Sentivo le risatine e i colpi di tosse delle due ragazze, ma sinceramente non me ne importava un fico secco. Che pensassero quello che gli pareva.
«Raf», disse con rimproverò Uriè.
«Sulfus» disse scocciata Kabalè.
Ne io ne lei ci badammo. In quel momento ci importava solo del nostro amore, null’altro contava. Perciò ci lasciammo sfuggire un gridolino di sorpresa quando fummo staccati a forza da quelle due. Le guardammo malissimo. Come si permettevano di interromperci?
«vi devo ricordare un’altra volta che tra poco i professori verranno a controllare le stanze e che con tutta probabilità se voi non ci sarete, le copie non reggeranno?», disse sarcastica Kabalè, che mi teneva stretto per la vita impedendomi di tornare da Raf. Lo stesso valeva per Uriè, per impedirle di tornare da me.
Sbuffai ma avevano ragione; dovevamo andare. Ci rassegnammo entrambi e quando capirono che non ci saremmo avvinghiati di nuovo, ci lasciarono liberi. Cavoli, però, Kabalè ne aveva di forza!
Mi avvicinai a Raf. Le presi il viso tra le mani e la baciai dolcemente, mentre lei altrettanto dolcemente rispondeva al mio bacio.
Ci staccammo subito. La guardai negli occhi e, le dissi con tutto l’amore possibile, «ti amo Raf. Ora e per sempre».
Lei mi guardò commossa e disse, «anch’io ti amo Sulfus, ora e per sempre». Ci guardammo negli occhi ancora per un istante, che mi sembrò protrarsi all’infinito, e ci voltammo dandoci le spalle. E, con le nostre rispettive compagne, ci avviammo ai dormitori senza mai voltarci indietro, per impedirci di constatare cosa avremmo perso di li a poco. 

POV RAF
Mi avviai dietro Uriè per raggiungere il sognatorio. Il fatto che finalmente i nostri amici avessero accettato la nostra storia mi rendeva immensamente felice, non volevo ammettere quanto l’odio e l’indifferenza dei miei amici mi avessero fatto male. Il disprezzo che avevo letto nei loro occhi mi aveva lasciata profondamente delusa e ferita: ferita perché non mi aspettavo che mi voltassero le spalle in questo modo, delusa perché credevo che la nostra amicizia fosse qualcosa di forte, che sarebbe durata per sempre, invece alla prima difficoltà si era sgretolata come neve al sole. Quando avevo dimostrato di voler restare lontana da Sulfus i rapporti con loro erano ripresi, anche se più freddi di prima.
Ora invece sembravano essersi resi conto che ci avevano trattato veramente male e sicuramente, a cominciare dal fatto che stanotte non ci avevano consegnato ai professori, cercavano di farsi perdonare.
Mi voltai verso Uriè e l’abbracciai di scatto. Lei un po’ stupita ricambiò l’abbraccio.
«a cosa devo questo abbraccio?», mi chiese.
«mi sei mancata», dissi io semplicemente.
Lei sorrise e mi strinse di più. Poi si staccò. «ora andiamo altrimenti ci facciamo beccare da Arkhan», e con un’occhiata maliziosa aggiunse, «e poi stasera c’è la festa di diploma, devi farti bella per Sulfus!».
Arrossii dalla punta dei capelli a quella dei piedi. «ma che dici Uriè?», ma non protestai oltre, anche a me andava l’idea di fare colpo su Sulfus. Lei rise.
Ci alzammo in volo e arrivammo rapidamente fino al sognatorio ed entrammo dalla finestra nella nostra camera dove trovammo ad aspettarci Dolce, Miki e la mia copia creata da Kabalè.
«Raf, grazie agli angeli sei tornata!», esclamò Dolce correndo ad abbracciarmi, mentre Miki faceva svanire la mia copia; sarebbe stato difficile spiegare la presenza di due Raf.
Poi corse ad abbracciarmi anche lei. «temevamo che non saresti tornata in tempo, non sapevamo per quanto il trucco delle copie avrebbe funzionato»esclamò preoccupata.
«ma dove sei stata tutta la notte?», mi chiese Dolce.
Io cercavo di staccarle ma senza successo, avrebbero finito per strangolarmi se continuavano così.
«ragazze», dissi con voce soffocata, «se non vi staccate finirete per uccidermi».
«oh scusa»esclamarono in coro staccandosi, «è che eravamo preoccupate per te», aggiunse Miki.
Ripresi fiato per parlare,  «e comunque ho passato la notte con Sulfus» dissi, anche se sapevo che era solo per confermargli una cosa che già sapevano.
Invece la loro reazione mi sorprese. Perfino Uriè, che mi aveva sorpresa con Sulfus, reagì in modo esagerato.
«COSA?!», gridarono in coro con gli occhi fuori dalle orbite.
«ra-ragazze che succede?», domandai io, sconvolta dalla loro reazione. Perché erano così scioccate?
«oh mio dio!», disse Uriè, facendo una faccia tale che mi spaventò.
«ma qual è il problema?». Sapevano che ero andata fuori con Sulfus e allora perché erano così scioccate?
«hai passato… con Sulfus… tu hai?», mi chiese Dolce, che sembrava impossibilitata a formulare frasi di senso compiuto in quel momento.
Arrossii fino alla radice dei capelli quando capii cosa intendevano, cosa credevano che avessi detto. Diventai di tutti i colori.
«no!», urlai, rossa come un peperone, «no, no che avete capito?», balbettai in preda al panico, «siete impazzite io non potrei mai…», ma non finii la frase, era troppo imbarazzante. Però, anche se non volevo ammetterlo, quell’idea mi aveva messo addosso un desiderio talmente potente che stentavo a controllarmi. Dannazione! Ma fino a dove ero disposta a spingermi nella mia storia con Sulfus? Perché io, nel profondo, speravo che un giorno una cosa del genere sarebbe successa fra noi. Era uno dei desideri segreti che non avevo il coraggio di confessare nemmeno a me stessa.
«ah meno male», disse Dolce con una specie di squittio, «mi era venuto un colpo».
«ammetto che come frase era un po’ ambigua, però dovreste conoscermi», protestai. Già il problema è che nemmeno io sapevo più cosa volevo.
«si sì scusa», si affrettò a dire Miki.
«iiiiiiiiiiih!»esclamò Dolce, facendoci sobbalzare tutte.
«ma Dolce sei impazzita, vuoi farci prendere un infarto per caso?», gli chiese arrabbiata Uriè. Ma Dolce non l’ascoltava, guardava me sconvolta.
«Raf dove sei stata tutta la notte per riuscire a ridurti i capelli in quello stato? Sono completamente pieni di sabbia», disse visibilmente alterata. Come fanatica dello shopping era sempre impeccabile, e per chi le era amico era meglio che fosse altrettanto se non voleva incappare nelle sue ire che poi si trasformavano in “manie da sessione Shopping/istituto di bellezza per rimettere a nuovo l’ignara persona”. E tutte sapevamo che era meglio evitarlo, anche se questa volta evidentemente non l’avrei scampata.
«tu ora viene subito con me che ti faccio la messa in piega! Devi sistemarti quell’obbrobrio!», disse prendendomi subito per mano e cominciando a trascinarmi verso il bagno.
«Dolce ti prego, so farlo da sola!» cercai di dire io fra le risate generali delle altre.
Proprio in quel momento il professor Arkhan entrò in camera. «ragazze vi si sente da fuori, abbassate il tono, è mattina presto ancora!», disse con voce dolce ma divertita alla vista della scena, «e poi Dolce la cerimonia è fra poco e non c’è certo tempo per la messa in piega», aggiunse rivolta a Dolce che mi lasciò la mano.
«uffi non è giusto però!»si lamentò lei.
«guarda il lato positivo, potrai rifarti per la festa, avrai tutto il tempo per prepararla come si deve», disse Uriè. Il mio sollievo morì rapido com’era nato. E io che credevo di averla scampata! Dovevo ricordarmi di uccidere Uriè.
«giusto e comunque sono venuto a dirvi che tra un’ora ci sarà la cerimonia, perciò dovete essere pronte. Ci vediamo dopo ragazze», disse Arkhan e uscì velocemente dalla stanza. Anche lui doveva prepararsi.
«dopo non mi sfuggi», disse con un sorriso sadico Dolce.
Argh! Perché a me?mi voltai arrabbiata verso Uriè. «non potevi evitare?», le chiesi.
«assolutamente no sennò come fai a farti bella per Sulfus? Vedrai ne varrà la pena, non ti staccherà gli occhi di dosso stasera, tanto più che dovremo andare in versione terrena», mi rispose con un sorriso malizioso sulle labbra. Io arrossii.
Per la festa di fine anno avevamo deciso di rompere gli schemi e di fare una festa in maschera in versione terrena, a cui avrebbero partecipato tutti i terreni della scuola e non solo angel e devil trasformati.
«ha ragione», disse Miki, «se dipendesse da te, andresti alla festa in pantaloncini e maglietta. Ma visto che stasera alla festa saremo mascherati e in forma terrena, dovrai essere più bella che mai per il tuo tesoro», concluse.
Sbuffai. Non c’era modo di sfuggire a quelle tre pazze. Perciò, esasperata, andai in bagno sbattendo la porta. Odiavo lo shopping!
Mi svestii e entrai nella doccia aprendo il getto dell’acqua calda, ne avevo proprio bisogno per rilassarmi. Dopo tutto era stata una serata movimentata quella di ieri. Arrossii ripensando a tutti i baci e alle sensazioni che mi avevano sconvolta stando con Sulfus. Non avevo mai sentito un desiderio tanto intenso percorrere il mio corpo, aveva una forza tale che mi spaventava. Ora capivo cosa voleva dire amare completamente una persona; voleva dire donarsi completamente a lui, desiderare che ti fosse sempre vicino, pensarlo sempre, in qualunque momento della giornata.
Scossi la testa e cercai di svuotare la mente. Dopotutto era il giorno del diploma e oggi sarei diventata una guardian Angel a tutti gli effetti. Era un giorno importante, non volevo rovinarmelo pensando continuamente al fatto che Sulfus e io saremmo stati divisi di li a poco.
Oh no, c’eravamo di nuovo maledizione! Insomma era troppo chiedere di pensare solo alla cerimonia per un po’?
Trascinata da quei pensieri mi resi conto per la prima volta che di lì a breve mi sarei diplomata ottenendo l’aureola radiante; prima la mia mente, preoccupata per Sulfus, non aveva realizzato completamente la cosa, ma ora c’era arrivata. Il mio sogno stava per realizzarsi!
Venni presa da un’ondata di euforia praticamente incontrollabile. Cominciai a ridere e a cantare, ballando sotto il getto dell’acqua, felice come non mai.
Uscii dalla doccia ancora ridendo. Mi avvolsi in un asciugamano bianco e uscii dal bagno. Dolce e Miki non c’erano più, molto probabilmente erano tornate nella loro stanza a prepararsi. Uriè invece era già pronta, con indosso toga e cappello, e mi aspettava vicino alla porta.
«dai Raf sbrigati, dobbiamo essere giù fra dieci minuti!», mi disse agitata.
Oh mamma fra dieci minuti? Meglio sbrigar mimi vestii velocemente con i vestiti di sempre, presi toga e cappello e me li misi velocemente.
Le toghe si differenziavano sia fra Angel e Devil che fra maschi e femmine: noi angel avevamo per le femmine una toga azzurro cielo, per i maschi una bianco nuvola, coordinate fra loro. I devil invece avevano per le femmine una toga rosso fuoco, per i maschi una nero pece. Arrossi pensando a come Sulfus sarebbe stato sexy con la toga nera.
Mi riscossi e andai da Uriè. La toga stava meglio a lei che a me. Recuperammo Dolce e Miki e, all’improvviso, sentimmo il suono di una fanfara riecheggiare per i corridoi e capimmo; era la fanfara che annunciava che la cerimonia stava per iniziare.
Immediatamente i corridoi si riempirono di angel diretti verso l’aula sfida, per l’occasione allestita ad aula magna per la premiazione. Oltre a me, Uriè, Dolce e Miki c’erano altri sedici angel in classe con noi che sarebbero stati diplomati. E c’erano altrettanti devil. Ma oggi non ci sarebbero stati solo gli stagisti, molti angel e molti devil arrivavano tutte le volte da Angie town e Zolfanello city per assistere alla cerimonia; era un evento importante, in quanto venivano nominati i nuovi angeli e i nuovi diavoli. Venivano perfino Serafini e Malebolge, gli emissari di alte e basse sfere, per presenziare alla premiazione. Era un evento che richiamava tutti.
Man mano che ci avvicinavamo all’aula sfida, aumentavano i devil per i corridoi finchè non diventammo un unico flusso che si dirigeva verso l’aula sfida.
Mentre camminavamo sentii una mano fresca posarsi sulla mia e stringerla. Mi voltai, continuando a camminare, sapendo già a chi apparteneva quella mano. Incontrai due grandi occhi d’oro e Sulfus mi sorrise. Dio quanto era sexy con la toga nera! Gli fasciava il corpo, mettendo in risalto i muscoli. I miei pensieri presero direzioni poco carine.
Mi riscossi. Ma che vai a pensare Raf! Mi urlai da sola.
I miei amici e i suoi si erano disposti casualmente intorno a noi, in realtà per non far vedere che ci tenevamo per mano. Apprezzai molto il gesto.
Vidi angel e devil scambiarsi occhiate d’intesa; chissà forse, con il nostro amore, qualcosa sarebbe potuto cambiare nei rapporti fra angel e devil. I nostri amici sembravano già essere più in sintonia di quanto lo fossero mai stati.
Quando entrammo in aula sfida rimanemmo a bocca aperta. Non era l’aula magna come ci eravamo aspettati; era un grande giardino, pieno di alberi e fiori, al cui centro sorgeva un enorme palco di legno, sul quale sedevano i nostri professori insieme a Serafini e Malebolge. Davanti al palco, numerose sedie ospitavano già angel e devil mentre le rimanenti si andavano via via riempiendo.
Io e Sulfus ci guardammo negli occhi e ci lasciammo. Per nostra sfortuna, oltre a non voler farci beccare dai professori, le sedie erano state divise fra angel e devil, con un corridoio in mezzo che portava direttamente al palco. A sinistra si sarebbero seduti gli angel, a destra i devil.
Ci avviammo per il corridoio e ci sedemmo in prima fila, in quanto stagisti avevamo posti riservati.
Quando ci fummo seduti tutti, Arkhan e la Temptel si alzarono per fare il discorso di chiusura, di cui non ascoltai una sola parola; ero troppo concentrata a lanciare occhiatine a Sulfus che, seduto in prima fila con i devil, ricambiava. Ero così persa nel mio mondo che quando Uriè mi toccò il braccio, sobbalzai.
«forza bell’addormentata», mi disse ridacchiando, «hanno finito il discorso, ora dobbiamo andare sul palco per ritirare i diplomi e ricevere l’aureola radiante».
Per una volta mi feci subito attenta, relegando ogni tipo di pensiero non inerente alla cerimonia, in un angolo del cervello; ero troppo emozionata.
Sia noi venti stagisti angel che i venti stagisti devil, ci alzammo e ci avviammo, da due scale differenti poste l’una di fronte all’altra ai lati del palco, verso i professori che ci attendevano per consegnarci i diplomi. Dopodiché serafini e Malebolge avrebbero attivato un incantesimo che ci avrebbe proclamato angel e devil a tutti gli effetti.
Ci mettemmo in fila per uno e cominciammo a salire la scala, man mano che il professore chiamava in nostro nome. Ci avrebbe chiamati in ordine alfabetico perciò, di noi quattro, la prima sarebbe stata Dolce, la seconda Miki, la terza io e l’ultima Uriè. Fra i quattro devil invece la prima sarebbe stata Cabiria, il secondo Gas, la terza Kabalè e Sulfus invece sarebbe andato per ultimo.
Fu incredibilmente veloce, considerando che era una cerimonia molto importante. Il professore chiamava lo stagista, gli consegnava il diploma e poi lo rimandava giù dal palco. Io non stavo più nella pelle. quando arrivò il mio turno, mi mossi con impazienza, non vedevo l’ora di ricevere il mio diploma. Ma non andò tutto liscio; quando salii sul palco, non mancarono i mormorii. Tutti sapevano del sacrilegio e, anche se i miei amici mi avevano perdonata, non voleva lo stesso per gli altri angeli di Angie town. Anzi, tutti non perdevano mai occasione di rinfacciarmelo, facendomi versare ogni volta calde lacrime di umiliazione.
Ma oggi no. Oggi era uno dei giorni più della mia vita e non me lo sarei fatto rovinare da un paio di malelingue il cui solo scopo nella vita era quello di rovinare gli altri. Perciò alzai la testa e camminai decisa verso il professore, senza timore degli sguardi degli altri puntati su di me. Arrivata, il professore mi mise in mano il diploma e mi disse, «complimenti Raf, hai conseguito il diploma con il massimo dei voti, sei stata la migliore della tua classe. complimenti» e mi mandò giù dagli altri. Io ovviamente, gongolavo di soddisfazione, alla vista degli altri stagisti che si rodevano le budella dalla rabbia per non aver ottenuto i miei stessi risultati, nonostante fossi stata tanto additata e oggetto di pettegolezzi.
Mi portai di fianco a Miki. «sai Raf, forse non dovrei», mi disse, «ma non sai quanto godo a vedere le facce degli altri che ti prendevano sempre in giro». E detto ciò scoppiammo a ridere.
Quando tutti, sia angel che devil, furono scesi dal palco Serafini e Malebolge si alzarono e si rivolsero a noi. «stagisti», dissero tutti in coro, «benvenuti nel mondo dei sempiterni!», e con questa semplice formula evocarono un incantesimo che avvolse tutti gli stagisti in una nebbia fitta. Quando si diradò noi angel avevamo la nostra aureola radiante, i devil invece le corna brucianti.
Un boato di giubilio esplose sia dai devil che dagli angel mentre i cappelli volavano in aria e un forte applauso si levava dal pubblico. Io e le altre ci abbracciammo forte e cominciammo a saltellare come delle matte, felici di aver finalmente coronato il nostro sogno. Quando mi staccai, cercai Sulfus con lo sguardo e, quando lo incrociai, si aprì in un sorriso esultante e mozzafiato, che io ricambiai. Avrei voluto correre da lui e festeggiare insieme ma non potevamo.
 E fu proprio quando la felicità era al culmine che un tuonò squarciò la quiete e, letteralmente, con una paurosa scossa di terremoto, si scatenò l’inferno.

martedì 7 febbraio 2012

AMORE E MALEDIZIONI - 1° capitolo

AMORE E MALEDIZIONI
1° CAPITOLO: "ULTIMO GIORNO"
POV RAF
Erano tutti in fibrillazione, l’atmosfera che si respirava nella scuola era di eccitazione mista a paura. E questo perché il momento che tutti stavamo aspettando era giunto: lo stage era finito e presto avremmo saputo chi avrebbe conquistato la sua aureola radiante e sarebbe diventato un guardian Angel a tutti gli effetti. Per i Devil valeva la stessa cosa, anche per loro era arrivato il momento di sapere chi sarebbe diventato un guardian Devil a tutti gli effetti, conquistando le tanto sospirate corna brucianti.
In occasione della vicina festa di diploma, durante la quale a tutti gli stagisti diplomati sarebbe stato conferito ufficialmente il ruolo di guardian, tutti i nostri doveri erano stati temporaneamente sospesi, inclusi i nostri obblighi verso i terreni. Il professor Arkhan ci aveva detto di prenderla come una vacanza, visto che avevamo lavorato sui nostri terreni senza mai fermarci dall’inizio dello stage.
Quindi quel giorno eravamo libere. Ma, nonostante questo, non avevo voglia di stare in compagnia, tutto il contrario. Subito dopo il discorso del prof ero tornata immediatamente in sognatorio, presa da una strana mescolanza di inquietudine e dolore. Ero alla fine dello stage e i miei voti erano ottimi, perciò con tutta probabilità sarei stata promossa, e anche le mie amiche avevano voti eccellenti, quindi sarebbero state promosse anche loro; eppure, nonostante stessi per coronare il mio sogno di diventare guardian Angel e avessi tutte le motivazioni per essere felice, il mio cuore era stretto in una morsa di agonia che, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a rimuovere. Stesa sul mio letto a pensare, cercavo di capire il motivo che scatenasse la mia agonia, anche se in realtà lo conoscevo e mi sforzavo con tutte le mie forze di non ammettere che fosse proprio quello che mi faceva star male.
Quando però, dopo l’ennesimo tentativo di rilassamento, il suo volto apparve di nuovo nella mia testa, mi arresi e lo fissai; il volto della persona che più amavo al mondo e che mi faceva vivere contemporaneamente il più bello dei sogni e il peggiore degli incubi per le emozioni che mi scatenava dentro: Sulfus.
Era inutile girarci intorno, era arrivato il momento che lo ammettessi, almeno a me stessa; ero così triste perché ora che lo stage era finito, io e Sulfus saremmo stati divisi per sempre. Io sarei tornata ad Angie town e lui a Zolfanello city. Due mondi diversi, due razze diverse, due popoli diversi, così lontani l’uno dall’altro. Eppure, nonostante tutto, nonostante tutte le diversità, le divergenze e i problemi, io e Sulfus non avevamo potuto impedire che in noi nascesse un sentimento completamente diverso da quello che ci si aspetterebbe ci fosse fra Angel e Devil. Un sentimento che, per la sua potenza, ci aveva portati una volta sull’orlo del baratro e che, da allora, avevo cercato con tutte le mie forze di reprimere: l’amore.
Fissai il suo volto nella mia mente, cercando di memorizzarne ogni particolare: il colorito pallido, i lineamenti così definiti che lo rendevamo terribilmente affascinante, i capelli corvini dai riflessi bluastri che tanto amavo sentire fra le dita, le labbra carnose e rosso sangue che mi attiravano sempre con la forza di una calamita e gli occhi, i suoi occhi grandi color ambra, così intensi che sembravano d’oro fuso; tutte le volte che li guardavo finivo col perdere il filo del discorso perché mi ci perdevo. Volevo fissarmi il suo volto nella mente, scolpirmelo nella memoria per quando non l’avrei più rivisto.
Poi mi ritornò in mente il ricordo di quel bacio, quell’unico bacio proibito che ci aveva portato sull’orlo della catastrofe ma che mi aveva regalato emozioni indescrivibili. Mi sembrava ancora adesso di risentire le sue labbra sulle mie, un tocco bollente che le infuocava, che mi faceva venire voglia di averne ancora. Dopo il sacrilegio però, mi ero sforzata con tutta me stessa di dimenticare Sulfus, di togliermelo dalla mente. L’avevo evitato in tutti i modi possibili, gli avevo a malapena parlato, ma spesso, senza farmi notare, lo fissavo da lontano, inebriandomi di quella figura che era la mia vita. E adesso saremmo stati separati per sempre, senza possibilità di rivederci e, quel che è peggio, senza aver chiarito i nostri sentimenti. Sarei rimasta sempre nel dubbio di ciò che lui provava per me dopo quello che era successo, non avrei mai saputo se mi amava ancora oppure se mi odiava per quello che gli avevo fatto.
Il pensiero scatenò dentro di me un’ondata di dolore insopportabile; se immaginavo la mia vita senza Sulfus vedevo solo un tunnel nero, lungo e vuoto, impossibile da eliminare, impossibile da ignorare.
Mi rannicchiai su un fianco, il viso rivolto verso la finestra, e cominciai a piangere, ripensando a tutto quello che avevamo vissuto e a tutto quello che non avremmo mai avuto.
Non so per quanto tempo rimasi li  a singhiozzare, ma ad un certo punto, sentii la porta della camera aprirsi. Mi sforzai di regolarizzare il respiro e di fermare le lacrime; mi rannicchiai in modo che sembrava che stessi riposando.
«Raf», mi chiamò qualcuno. Riconobbi la voce di Uriè. «ecco dove eri finita. Comunque visto che vogliamo rilassarci pensavamo di andare al centro commerciale a fare un po’ di shopping. Dolce e Miki ci stanno aspettando giù e anche le devil si sono unite a noi». Non mi stupì che ci fossero anche loro, durante la lotta contro Reina, Angel e Devil erano diventati molto uniti. «ti va di venire con noi?», mi chiese poi.
No che non ne avevo voglia. Se c’erano anche i devil allora ci sarebbe stato anche Sulfus con loro e non mi andava certo di vederlo ora. Stavo già male al pensiero che presto ci saremmo separati per sempre e, se lo avessi rivisto adesso, con tutta probabilità non avrei resistito alla tentazione di parlargli. Inoltre sarei stata anche peggio a causa dell’imminente separazione.
Cercai di tenere un tono indifferente mentre rispondevo ad Uriè, «grazie Uriè, ma oggi sono un po’ stanca, credo che rimarrò qui a riposare. scusa». La voce roca rendeva più credibile la recita.
«d’accordo Raf», mi disse con voce dubbiosa Uriè. Non osavo voltarmi per guardarla, avevo ancora la faccia lucida di pianto. Se mi avesse visto in quello stato mi avrebbe fatto delle domande e non doveva venire a scoprire che il mio sentimento per Sulfus non era affatto diminuito come tutti credevano. «allora io vado cerca di riposarti» e uscì dalla stanza. Per fortuna non aveva indagato.
Mi rigirai nel letto e fissai il soffitto. Domani ci sarebbe stata la consegna dei diplomi e la festa, e il giorno dopo ognuno sarebbe tornato a casa. Non volevo rivedere Sulfus, il distacco sarebbe stato ancora più doloroso, ma mi resi conto che avevo bisogno di stare in un luogo che mi ricordasse lui e allo stesso tempo mi permettesse di stare da sola. C’era un solo luogo che corrispondeva a quel requisito.
Mi alzai di scatto dal letto e andai alla finestra. Mi stupii che, a furia di pensare, ormai si era fatto pomeriggio inoltrato. Guardai il sole infuocato, che cominciava la sua lenta discesa verso l’orizzonte, e, con un salto deciso, volai fuori dalla finestra.

POV SULFUS
«allora vieni o no?» mi urlò per l’ennesima volta Kabalè nelle orecchie. Le volevo bene ma a volte era talmente impicciona e egoista che avrei voluto ucciderla. E la voce acuta con cui parlava di solito non la aiutava di certo.
Sbuffai sonoramente e mi rigirai nel letto, guardandola in cagnesco. «me l’hai chiesto prima e io ti ho risposto, ma visto che sei terribilmente dura di comprendonio te lo ripeterò molto lentamente, per fare in modo che anche una ritardata come te lo capisca. “non-ne-ho-mezza-voglia-chiaro?!” e ora lasciami in pace». Detto questo mi girai bruscamente dall’altra parte. Ero proprio di umore nero, e sfogare la mia rabbia e la mia frustrazione sugli amici era un ottimo modo per scaricarmi i nervi.
«oh insomma, ma che hai?», mi chiese Kabalè con voce scocciata, «sei talmente intrattabile che sembri strano perfino per un devil! Non esci mai, non sorridi più e non fai più scherzi a nessuno. Ma che diavolo ti succede si può sapere?», mi domando con una voce a metà fra il preoccupato e l’irritato.
«sono semplicemente di umore irritato e, senza offesa, una giornata di shopping non farebbe che peggiorarmi l’umore. E poi di che ti preoccupi scusa? C’è già che Gas che vi fa da facchino, a cosa vi servo io?», le dissi, girandomi per scoccarle un’occhiata sprezzante.
Mi lanciò un’occhiata furente e, di scatto, si voltò  e uscì dalla porta. Era talmente arrabbiata che potevo quasi vedere il fumo uscirle dalle orecchie.
Per un attimo mi sentii un po’ in colpa. Non avevo il diritto di trattarla così, in fondo aveva cercato di starmi vicina il più possibile in questi mesi. Poi però mi ricordai come lei e gli altri avevano fatto di tutto per separare me e Raf e il mio senso di colpa morì rapido com’era nato. Avevo tutto il diritto di trattarla così, eccome se ce l’avevo! Dopo tutto quello che non solo lei ma tutti ci avevano fatto passare, trattarla così mi sembrava il minimo.
Ecco c’eravamo di nuovo maledizione! Benchè mi imponessi con tutte le forze di non pensare mai a Raf, alla fine i pensieri che facevo in un modo o nell’altro, mi riconducevano sempre a lei. Era una cosa incredibile. Sembrava che qualunque cosa facessi o pensassi fosse sempre per lei.
Basta, basta. Dovevo togliermela dalla testa, presto saremmo partiti e non l’avrei mai più incontrata e non dovevo assolutamente permettere che una parte di me restasse con lei. Ma non ci riuscii. Il pensiero che presto ci saremmo separati aveva reso ancora più profondo il dolore che ormai da tempo mi attanagliava il cuore.
Era inutile. Per quanto mi sforzassi, non sarei mai riuscito a dimenticarla. Dopo tutto quello che avevamo passato, era impossibile per me farla andare via dal mio cuore in quattro e quattr’otto, la volevo troppo per farla andare via da me.
Mi presi il viso fra le mani. Forse per la prima volta mi resi davvero conto che presto l’avrei persa per sempre. O meglio l’avrei persa più di quanto non fosse già successo; dopo il nostro sacrilegio, Raf mi aveva evitato come la peste. All’inizio c’ero stato veramente male, ma poi avevo cercato di ignorarla, ne più ne meno di quello che faceva lei con me.
Ma mi sembrava assurdo che, dopo tutto quello che avevamo passato insieme, dopo tutto quello che avevamo condiviso, Raf mi avesse dimenticato così, come se non fossi mai esistito. Eppure ogni tanto mi sentivo i suoi occhi addosso, che seguivano ogni mio movimento, quasi non riuscissero a separarsi da me. Ma perché faceva così, era davvero così indifferente come sembrava? Oppure era stata tutta una montatura e mi aveva allontanato solo perché si sentiva in colpa per il nostro sacrilegio e non voleva causare altri problemi?
Il nostro sacrilegio… il nostro bacio… il ricordo mi ritornò vivido in mente, come se lo stessi rivivendo in quel preciso istante; le nostre labbra unite in un magico intreccio, le sue mani fra i miei capelli e le miei sui suoi fianchi, i nostri respiri spezzati e agitati che si mescolavano in un’unica, bellissima melodia. Il ricordo mi infuocò a tal punto che dovetti trattenermi dal correre al sognatorio per cercarla. Infatti, nonostante tutto, continuavo a credere che ci fosse un futuro per noi, che avremmo potuto, certo non senza delle difficoltà, vivere insieme e felici.
Sospirai. Nessuna quantità di speranza avrebbe aiutato. Perciò mi sedetti e mi allungai verso il comodino di fianco al letto. Aprii il cassetto, tirai fuori tutto quello che c’era dentro, sparpagliandolo sul letto, e alzai il doppio fondo, uno scomparto segreto che avevo creato per custodire una cosa molto importante.
Tirai fuori una scatola nera e l’aprii: protetto dal satin nero, un pendente d’oro a forma di cuore lanciava pallidi bagliori nella luce soffusa della stanza. Aprii il ciondolo, era una di quelle collane portafoto che aiutavano una persona a ricordarsi di un’altra persona, a portarla sempre con se nel suo cuore. Nello scomparto di destra avevo inserito una foto mia e di Raf, nella parte sinistra invece campeggiava la scritta “yours ever” che significava “tuo per sempre”. L’avevo preso per Raf, glielo volevo dare come simbolo del sentimento che ci legava, ma dopo quello che era successo, soprattutto per come Raf mi aveva trattato negli ultimi mesi, non avevo mai avuto il coraggio di darglielo.
Sospirai e mi misi il ciondolo in tasca. Quanto avrei voluto che, ora che stavamo per separarci, qualcosa di me le restasse vicino. Quanto avrei voluto passare con lei la mia ultima giornata sulla terra. Un’idea mi balenò improvvisa in testa. Forse non sarei potuto stare con lei ma sarei potuto andare in un luogo che me la ricordasse.
Mi alzai di scatto e mi diressi alla finestra. Con un balzo deciso uscii e volai rapido verso i raggi dorati e rossi del tramonto. Sapevo con esattezza dove andare.

RAF POV
Stavo volando verso il limite della città, verso i raggi del sole. C’era solo un posto impregnato davvero della sua essenza. Era diventato il nostro posto dopo che lì ci eravamo quasi dati il nostro primo bacio.
Era accaduto molti mesi fa, all’inizio dello stage. I nostri professori ci avevano sottoposto alla prova “vita da terreni”. Durante quella prova ce ne erano accadute di tutti i colori, da hot dog avariati a go kart fuori controllo. Ed era stato proprio per colpa di quei go kart che io e Sulfus ci eravamo ritrovati da soli su una spiaggia al tramonto, incapaci di fermare i nostri sentimenti. E proprio quando eravamo ad un passo dalla strapiombo erano arrivati cox e basilisco a fermarci. Una parte di me ne era contenta, anche se poi il sacrilegio si era compiuto comunque, mentre l’altra parte, più grande e rumorosa della precedente, protestava a gran voce per quell’intrusione indesiderata.
Sospirai e scossi la testa, nel tentativo di schiarirmi le idee, tanto il passato non si poteva cambiare.
Guardai il cielo. Il sole ormai non era tanto lontano dall’orizzonte e i suoi raggi dorati cominciavano a colorare le nuvole. Era più tardi di quel che pensassi, dovevo sbrigarmi se volevo tornare a scuola prima del coprifuoco.
«speed fly» urlai e mi lanciai in volo ancora più velocemente.
Ci misi poco più di due minuti a quella velocità per arrivare. La spiaggia si stagliò davanti a me, bella esattamente come la ricordavo. Posai i piedi sulla sabbia e mi avvicinai al bagnasciuga. L’aria era calma e tranquilla e il sole aveva cominciato a immergersi nelle onde del mare, colorando di rosso e arancio le nuvole che solcavano il cielo. Era uno spettacolo che mozzava il fiato. Per un momento, sentendo la serenità che spirava da quel luogo, mi sentii in pace con me stessa. Ma fu solo un attimo.
Sospirai mentre i ricordi tornavano ad avvolgermi, tutti i ricordi incentrati su me e Sulfus, dalla nostra prima sfida, quando avevamo violato il VETO per la prima volta, al nostro bacio e a tutti gli scontri contro Reina, che ci avevano unito ancora di più. Sentii le lacrime scivolare sul mio viso e me lo presi fra le mani. Non riuscivo a sopportare di separarmi da lui.
All’improvviso due braccia forti mi avvolsero e mi strinsero contro qualcuno. Il suo profumo invase le mie narici, facendomi andare il cuore a mille e mandandomi in iperventilazione. Ma non osavo voltarmi. Sentivo il suo respiro caldo sul mio collo.
«non piangere Raf», mi disse lui con voce bassa e dolce.
Mi voltai e lo abbracciai a mia volta, seppellendo il viso nel suo petto. Lui invece, premette il suo viso sui miei capelli. «Sulfus», sussurrai, e lui strinse ancora di più la presa.
Alzai il viso e lo guardai negli occhi. Per la prima volta da mesi, mi sentii di nuovo completa, integra, come se le settimane di dolore appena passate fossero state solo un brutto sogno. Sentii il miracolo delle sue braccia calde e dei suoi occhi fissi nei miei e, finalmente, mi sentii a casa.
«come mai sei qui?», gli chiesi con voce che tremava dall’emozione.
Lui mi sorrise dolce e mi accarezzò piano una guancia. «direi lo stesso motivo per cui sei qui anche tu no?». Ah la sua voce, i suoi occhi, il suo profumo… mi sembrava di vivere un sogno, era così tanto tempo che non mi concedevo il lusso di stare un po’ con lui che adesso mi sembrava di galleggiare su una nuvoletta rosa. No, ritorna con i piedi per terra Raf, urlò il mio lato pratico e razionale; ricordati che da domani sarete separati per sempre, e poi non credo che ti voglia parlare dopo come l’hai trattato. Questo pensiero mi provocò una fitta di dolore al cuore. Era vero, il modo in cui l’avevo trattato era orribile, anche se l’avevo fatto solo per  proteggere me stessa, nonché tutti noi.
Ma ora era li con me. Gliela dovevo una spiegazione, soprattutto volevo sapere se qualcosa era cambiato. Sicuramente sì, mi disse il mio lato realista, ora deve per forza odiarti. Il dolore si fece ancora più acuto.
Mi staccai bruscamente da lui e mi voltai verso il mare, dandogli le spalle, mentre le lacrime mi scendevano di nuovo sul viso. Non potevo sopportare di vedere nel suo sguardo il disprezzo che sicuramente vi avrei letto.
«Sulfus», gli chiesi con voce tremante; anche se mi faceva paura sapere, dovevo andare avanti, «tu mi odi per quello che ti ho fatto? Capirò se mi risponderai di sì».
Il suo respiro inchiodò e poi riprese più veloce di prima. Esitò prima di rispondere e io sentii il mio cuore sprofondare. Era chiaro, ormai l’avevo perso, per colpa delle mie stupide paure  e della mia arroganza l’avevo perso.
Lui fece per dire qualcosa ma io lo bloccai. «il tuo silenzio vale più di mille parole». Detto questo stavo già per prendere il volo, ma la sua mano si chiuse sul mio polso, costringendomi a voltarmi verso di lui. In un lampo mi ritrovai fra le sue braccia, i suoi occhi erano ardenti come fuoco, a pochi centimetri dai miei; erano talmente intensi da darmi le vertigini.
«odiarti?», mi chiese lui con un sussurro roco, in un misto di sorpresa, rabbia ma soprattutto desiderio, «Raf io non potrei odiarti neanche se volessi. So perché mi hai tenuto lontano da te, so perché non mi hai più permesso di starti vicino e capisco perché l’hai fatto. Anch’io ho paura di quello che potrebbe succedere, ma non ho intenzione di fermarmi solo perché qualcuno dice che è sbagliato».
Lo guardai stupefatta, non l’avevo mai sentito parlare così, con così tanta determinazione e dolcezza. Mi persi nei suoi occhi e lui nei miei e poi pronunciò le ultime parole che mi sarei mai aspettata di sentire da lui. «Raf io ti amo, e ti amerò per sempre, succeda quel che succeda».
Mi lasciò senza fiato, più che per le parole, già di per se stupefacenti, per il tono di voce con cui le aveva pronunciate; una voce carica di affetto, tenerezza ma soprattutto amore.
Non avevo bisogno di altre prove del suo amore verso di me, le avevo avute già tutte dal suo sguardo. Gli saltai praticamente addosso, seppellendo il viso nel suo petto, e scoppiando in lacrime di felicità.
Lui sotto di me scoppio a ridere e, felici come non mai, cominciammo a rotolarci nella sabbia. Poi lui mi porse la mano e ci rialzammo. Posai lo sguardo su di lui e ricordai cosa la mia mente, per la felicità del momento aveva rimosso; il momento, ormai vicino, della nostra separazione. Lo guardai straziata. Anche se ora eravamo insieme, domani non lo saremmo stati più, non serviva a niente parlarne ora, ci avrebbe solo fatto stare peggio dopo.
«che succede Raf?», mi domando Sulfus abbracciandomi, notando la mia espressione di dolore.
Nascosi il viso nel suo petto. «Sulfus forse ora siamo insieme ma domani saremo divisi per sempre. Cosa faremo quando arriverà il momento di separarci? Non possiamo impedirlo e fare così adesso ci farà solo stare peggio dopo».
Lui mi strinse di più a se. «anche se verremo separati, troveremo il modo per stare insieme, per vederci. Ci riusciremo in un modo o nell’altro». Quanto vorrei poterci credere; ma so che non sarà possibile, non voglio farmi illusioni.
Lo guardai negli occhi e annuii. Non volevo rovinare i nostri ultimi attimi insieme, volevo passarli con lui in serenità.
Mi asciugò dolcemente le lacrime dalle guance e mi sorrise dolce. Poi all’improvviso si staccò. Lo guardai male. Non volevo che si allontanasse.
Lui ridacchiò alla mia occhiataccia. «ho una cosa per te. Te lo volevo dare prima ma…». Non finii la frase sembrava imbarazzato, le sue guance erano rosse. Rosse?! Un devil che arrossiva? Per giunta Sulfus?! Il mondo doveva essere vicino all’apocalisse.
Mi si avvicinò e si chinò vicino al mio orecchio. «chiudi gli occhi», mormorò emozionato. Il suo respiro mi provocò dei brividi lungo la schiena ma obbedii.
Lo sentii tirare fuori qualcosa dalla tasca. Andai in iperventilazione. Non sapevo perché ma ero talmente emozionata che mi sembrava di svenire. Sentii le sue bracciai intorno al mio collo e qualcosa di freddo posarsi sulla mia pelle. trasalii sorpresa e lo sentii ridere silenziosamente. Poi ritirò le mani. «aprili».
Schiusi lentamente gli occhi e li abbassai. Mi portai una mano alla gola. Incontrai qualcosa di freddo, che sollevai per osservare meglio. Quando mi resi conto di che cos’era mi vennero le lacrime agli occhi per la felicità. Fra le mie mani si trovava un pendente d’oro a forma di cuore, che brillava alla luce del sole. Lo aprii e dentro vi trovai una foto di me e Sulfus abbracciati, che ci guardavamo come ipnotizzati. Ricordavo quella foto. Ce l’aveva scattata Uriè poco dopo il nostro sacrilegio. Ero da sola, lo avevo incontrato in corridoio, ma non volevo parlargli, perciò avevo abbassato la testa e avevo aumentato il passo. Ma mi ero tradita da sola; ero inciampata e, ironia della sorte, ero finita proprio addosso a Sulfus, che mi aveva sorretta senza pensarci due volte. I nostri sguardi si erano incrociati e ci eravamo persi l’uno nella sguardo dell’altro. Poi un flash. Uriè ci aveva sorpreso e ci aveva fotografato con la sua digidream. Inutile dire che l’avevamo rincorsa per mezza scuola per farcela dare.
Guardai Sulfus commossa. Era un regalo talmente bello che mi aveva lasciata senza parole. «Sulfus io… non so cosa dire…» balbettai con la voce che mi tremava.
«allora non dire niente», mi sussurrò lui avvicinandosi e abbracciandomi la vita. Io gli circondai il collo con le braccia, in quel momento non mi importava che quel momento fosse sbagliato, che io fossi un angel e lui un devil.  
I nostri volti si avvicinarono e, senza riuscire a trattenerci oltre, ci baciammo; un bacio prima leggero, delicato e poi all’improvviso forte e passionale. Infilai le mani fra i suoi capelli e lo strinsi a me, mentre lui affondava le mani nella pelle dei miei fianchi, facendomi rabbrividire di piacere.
Non so per quanto tempo continuammo. Quando ci staccammo, ci guardammo negli occhi. Non ci restava più nulla da dire. Poi ci voltammo, rimanendo abbracciati, verso il tramonto, facendoci cullare da quel dolce suono che era il nostro amore.